Trent'anni dopo, un direttore d'orchestra del Bolshoi licenziato sui due piedi per essersi allora rifiutato di abbandonare i suoi musicisti ebrei è ormai ridotto a fare le pulizie nel celebre teatro. Intercetta casualmente un invito del parigino Teatro del Châtelet, parte alla ricerca dei vecchi componenti dell'orchestra, si sostituisce al complesso ufficiale, e tenta di eseguire a Parigi con quella sorta d'armata brancaleone musicale il Concerto per violino di Tchaikovsky.

La farsa è a tratti di quelle cucite con lo spago. Il crescendo musicale che si vuole lirico e affratellante piuttosto sbrigativo. Ma alla vena slava del regista rumeno (regolarmente ammosciata nella versione doppiata), ad una energia che gli permette di fondere la musica con la maiuscola a quella tzigana, alla generosità dei suoi tentativi di accostarsi ai derelitti esistenziali, ed infine al suo desiderio di ricorrere ad un cinema popolare dilettevole ma non inutile, è forse giusto perdonare tante cose.